Alla fine dei conti

 In Marco Pipitone, Musica
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Poco prima di morire Johnny Cash registrava anche tre nuove canzoni al giorno: la sua vena creativa era inesauribile, in un certo senso sembrava presagire la propria fine imminente.

Johnny Cash è una delle figure più importanti del panorama musicale americano e non solo. La sua storia nasce nel 1955; il suo primo 45 giri, Hey Porter/Cry! Cry! Cry! lo pubblica la Sun Records di Memphis, la stessa che guarda caso registrò il debutto di un altro grande mito della musica, Elvis Presley. Da quel momento, la carriera dell’artista prese il volo.

Ma come ogni esordio che si rispetti, la gavetta non è un optional, l’album d’esordio (Johnny Cash with his hot and blue guitar) non suscitò facili enusiasmi anche perché caratterizzato da sonorità non commerciali; nonostante questo il pubblico si accorse di lui.

Per Johnny era solo l’inizio di una carriera che lo avrebbe portato lontano.

L’anatomia del personaggio è complessa, direttamente proporzionale alla pressione mediatica subita; le enormi attenzioni che cominciarono a fioccare su di lui ebbero conseguenze devastanti sulla personalità. L’onda impetuosa del successo lo stava velocemente travolgendo.

L’immagine da burbero che si era abilmente costruito nascondeva in verità una psicologia fragile, minata dall’uso incipiente di sonniferi e di anfetamine che spesso lo portavano a tenere concerti completamente privo di voce. La dipendenza da droghe stava diventando un problema serio: nel 1965 venne arrestato a El Paso per introduzione illegale di anfetamina; successivamente, nel 1967, in fin di vita venne salvato da un collasso per overdose.

I guai giudiziari lo portarono in carcere dove incise, nel 1968, il suo album più noto, Johnny Cash at Folsom Prison. Ed è proprio in quell’anno che il cantante dell’Arkansas sposò in seconde nozze June Carter, l’amore della sua vita. Erano passati vent’anni da quando si erano conosciuti, vent’anni trascorsi dentro un turbinio di concerti in cui la vita di Johnny aveva svolto il proprio corso naturale, generando un primo matrimonio e due figlie. Il divorzio ed il baratro della tossicodipendenza coincisero con il periodo più buio del cantante. June Carter, profondamente innamorata, era riuscita a sopravvivere a tutto questo, amando ed aiutando il suo Johnny in silenzio, aspettandolo con grande forza d’animo.

Il matrimonio con June – dalla quale ebbe un figlio – coincise con la rinascita fisica e spirituale. La produzione musicale di quegli anni fu di altissimo livello: album come What is truthMan in black e Flesh and blood sono autentici capolavori, musicalmente molto versatili. L’incisività di quelle composizioni è direttamente ispirata dalla vita e dal lavoro quotidiano. Dischi che lo resero all’epoca unico nel suo genere, tanto da divenire un vero e proprio punto di congiunzione tra la tradizione e il pop commerciale; in pratica un vero e proprio simbolo.

Dai campi di cotone dell’Arkansas ad idolo delle folle d’America, ovvero la dimostrazione vivente che il sogno americano era un fatto compiuto, una cosa in cui credere e sperare.

La sua fama continuava a crescere. Ormai assurto ad icona, si concesse alla televisione e al cinema. Nel 1969 fu protagonista di un fortunato programma televisivo americano; nel 1971 interpretò “A gunfight“, film western con Kirk Douglas, e partecipò a “The gospel road“, pellicola imperniata sulla figura di Cristo.

Negli anni Ottanta, nonostante la stima di amici e colleghi, l’artista conobbe un periodo difficile nel quale si ritrovò privo di quella energia che fino ad allora gli aveva permesso di generare capolavori in serie.

Cash ha attraversato diverse epoche, cavalcando gli stili più svariati, e quel momento di pausa non fu che l’anticamera dell’ennesima rinascita. Grazie a Rick Rubin (personaggio chiave del mainstream attuale) riuscì a reinventarsi ancora volta, con la straordinaria serie “American” in cui il cantante incrocia le note deviate della musica rock rileggendone a modo suo alcuni classici d’oggi, proponendo un country gotico dove l’interpretazione di canzoni come Hurt dei Nine Inch Nails o Personal Jesus dei Depeche Mode acquistano una forza tale da renderle (se mai ce ne fosse bisogno) immortali. Autentiche perle che lo hanno restituito ai grandi di sempre e che gli hanno permesso di farsi conoscere dalle nuove generazioni.

Tagliente come un rasoio, costante quanto l’incedere di un treno, Johnny Cash non rinunciò mai a cavalcare il proprio destino.

Il 15 maggio del 2003 muore sua moglie June, all’età di 71 anni. Nel settembre dello stesso anno Cash viene ricoverato nel Baptist Hospital di Nashville per complicazioni diabetiche a causa delle quali il 12 settembre muore.

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